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DAL GAZZETTINO DI IERI 17/03: "Vallatio, il "boaro" che sfida l’Orlando furioso".

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Messaggio  Admin Mer 18 Mar 2009, 12:49

Pubblichiamo, con estremo piacere e complimentandoci con il nostro concittadino Alessandro Pellizzaro, articolo presente a mezza pagina sul Gazzettino di ieri -17/03, edizione nazionale- sulla rubrica "Cultura & Societa'".

La Redazione di www.stranelcuore.it



Due studenti della Riviera del Brenta pubblicano una parodia del capolavoro dell’Ariosto: 7mila versi in dialetto che rinverdiscono una tradizione consolidata

Vallatio, il "boaro" che sfida l’Orlando furioso

Il protagonista è un contadino che dà la caccia ai Mori che gli hanno distrutto il podere, e vive incredibili avventure

Martedì 17 Marzo 2009,


La vitalità dei dialetti si misura sulla loro capacità di raccontare tutta intera la realtà, confrontandosi ad esempio con le ultime acquisizioni della scienza ma anche con la grande letteratura. Se il primo campo però è ormai precluso dall’avanzata dell’inglese, sul secondo non mancano segnali in controtendenza, rispetto alla "morte annunciata" decretata anche da studiosi come il compianto Manlio Cortelazzo.
L’omaggio/parodia in dialetto all’"Orlando furioso", di cui parliamo sotto, è solo l’ultima manifestazione di un fenomeno letterario che vanta precedenti illustri, come la traduzioni dell’Iliade di Omero in veneziano ad opera, in particolare, di Giacomo Casanova, le traduzioni in veneziano e bellunese della "Gerusalemme liberata" del Tasso, in particolare nella sapida versione secentesca di Tommaso Mondini, o il poema epico "L’Italiade e le guerre dell’indipendenza italiana" (cinque canti, 3mila endecasillabi), per la penna del fondatore del G(azzettino Talamini. Ma questo lavoro di Edoardo Tanduo e Alessandro Pellizzaro è tanto più significativo perchè non arriva da due vetusti ed eccentrici letterati, ma da due giovani, studenti tra l’altro di materie scientifiche all’Università di Padova. Cortelazzo ne sarebbe contento.

La finzione letteraria da cui parte Vallatio furioso è una delle più classiche, ma rende subito l’idea del tono scherzoso che caratterizza l’intero racconto, dichiarato frutto della traduzione in dialetto veneto di una traduzione secentesca (in lingua mezza austriaca e mezza azteca) di un antico "lai" andato perduto in cui si narrava la storia di un mite contadino francese vissuto all’epoca di Carlo Magno e costretto dagli avvenimenti ad affrontare grandi imprese, quelle che per norma la tradizione medievale attribuisce ai più valorosi tra i nobili cavalieri.
Autori di questa ipotetica opera di traduzione delle gesta del villico d’oltralpe, che in preda a implacabile ira si lancia all’inseguimento dei Mori responsabili di avergli distrutto l’amato podere, sono due giovani abitanti della Riviera del Brenta, Edoardo Tanduo (di Oriago di Mira) e Alessandro Pellizzaro (di Stra) i quali, ispirandosi al celebre Orlando Furioso, hanno composto il loro poema, come quello dell’Ariosto, in ottave: ben 834, per un totale di 7mila versi in rime alternate e baciate. Ecco come viene descritto il momento in cui Vallatio decide di partire per vendicarsi: Ea furia funesta Vallatio coje/ che subito al toro el varsuro liga/ -de menare i Mori ghe ciapa e voje…-/ pa’ usarlo a mo’ dea tanto antica biga,/ e corer tanto da stacarghe e foje/ dai albari, poro can pien de sfiga,/ sì da riciapare ea turba inimica,/ che desfar ga osà ea campagna amica.
Nella sua personale guerra contro gli infedeli, ricca di avventure e personaggi, Vallatio finirà alla corte di Carlo Magno, si troverà a combattere fianco a fianco con uno dei più grandi paladini di Francia, il mitico Orlando, s’invaghirà della bella Angelica e dovrà affrontare delle prove d’amore, anche un viaggio sulla luna e la discesa agli inferi, per liberare l’anima della sua fidanzata che egli aveva venduto al diavolo in cambio della promessa di poter vincere in battaglia il combattente moro più temibile.
Eroe alle volte per caso, più fortunato che prode, ovvero antieroe per eccellenza, il “boaro”, come spesso viene definito, protagonista di questa storia, supera le più ardue imprese in sella al suo aratro (il varsuro) che è insieme un inarrestabile mezzo di trasporto e un’arma micidiale contro i più temibili avversari, come quando finisce nelle fauci di un vorace drago e riesce a ucciderlo senza volerlo solo perché per passare il tempo, in attesa di essere digerito, si mette ad arare nella sua pancia (Sì come el poeastro rosto a bon punto/ salta int’ea pansa che par ch’ancor viva,/ anca el cafon, inte e viscere giunto,/ dispera, stando in grotta all’omo schiva,/ e col core de paura compunto/ sclera e gira, coatta alma cattiva./ Furia boara armà de varsuro/ Vallatio or ara pa’ diletto puro).
Ma non sono solo motetti e farsa su episodi di fantasia, questo è anche un poema che gioca con la cultura scherzando con i mostri sacri della letteratura e della poesia di tutti i tempi, primo l’Ariosto ma anche Dante (e de fronte e tute chèe more schiere/ veoce, in quatro e quatr’otto, schiattato/ cascarò come corpo morto cade/ prìa ancor d’esser sbusà da chée lame?), Omero (Cantame, o diva, ma se te ghe voja,/ mitica ea furia del mona d’Anglante,/ che come che’l vede ‘na tosa moja/ ea testa el se perde seduta stante), e ancora Lucrezio, Petrarca, Boiardo, Cavalcanti, Leopardi, Manzoni, Carducci (T’amo o pio toro, e mite un sentimento/ di vigore e di pace al cor m’infondi), Montale, Calvino e molti altri. Un’opera divertente che non sfoggia erudizione ma che offre al lettore l’occasione di rispolverare reminiscenze scolastiche che forse avrà la sorpresa di scoprire sopite ma non dimenticate. Vallatio furioso (Cleup, € 14) sarà presentato martedì 24 marzo alle ore 21 all’Auditorium della biblioteca di Oriago dall’assessore comunale alla Cultura Davide Meggiato, introduzione e letture di Sonia Giacomello.


Gli autori: «L’abbiamo scritto per far colpo sulle donzelle»
Martedì 17 Marzo 2009,


Oggi hanno ventiquattro anni ma quando lo scrissero ne avevano diciassette. Erano in quarta liceo, allo scientifico “G. Galilei” di Dolo, adesso frequentano l’università a Padova, Edoardo è iscritto a Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, Alessandro a Ingegneria Meccanica.
L’idea del Vallatio furioso parte da Edoardo che butta giù una trama, compone le prime ottave e le fa vedere all’amico con cui già da anni si divertiva a scrivere parodie in dialetto di film famosi e opere letterarie illustri. Decidono di costruire l’opera “a scene”, ciascuno sceglie le sue per poi cucirle insieme. Il loro protagonista lo chiamano Vallatio, dal titolo del film “Wallace & Gromit” italianizzato in “Vallace” e poi scritto alla latina.
Un lavoro durato circa tre anni. «Il problema più grande - dice Edoardo - è stato uniformare la lingua di scrittura perché il dialetto della Riviera del Brenta varia da zona a zona e il mio di Oriago era molto diverso da quello di Alessandro che viveva a Stra, all’estremità opposta del Naviglio». Il risultato è stato un linguaggio del tutto nuovo, un ibrido tra il veneziano e il padovano infarcito di neologismi inventati partendo da termini latini, greci, francesi, spagnoli e inglesi.
Ma la novità di questo lavoro sta nel fatto che in esso confluiscono un gran numero di classici e anche la Bibbia e il Vangelo, che vengono ripresi nei motivi più popolari e mescolati tra loro e persino con versi tratti dalle più note canzoni di autori come Battiato, Dalla e Battisti ricordato alla veneta con “nà giornata uggiosa”. Un gioco a ricalco dei classici che si trasforma in un componimento letterario fresco e originale: «un poema epico a rovescio, visto dal basso, una rivincita degli umili nei confronti dei nobili e dei paladini tanto declamati nelle opere classiche» spiega Alessandro. «Non pensavamo di pubblicarlo, lo consideravamo una nuga, uno scherzo letterario, alla Catullo», assicurano gli autori, «dopo averlo finito, Vallatio ha dormito in un cassetto per tre anni. Poi gli amici che leggendolo si sono divertiti, ci hanno convinto a presentarlo a una casa editrice».
Più di tutti ci ha creduto il papà di Edoardo, Sante, che si è improvvisato promotore e manager della pubblicazione che con sua grande soddisfazione ha superato in due mesi le cinquecento copie vendute. «Segno che lo scopo è stato raggiunto» commentano gli autori che già nel proemio dichiaravano come loro obiettivo quello di divertire il lettore ma soprattutto “ogni gentil donzella” nella speranza che dopo averlo letto faracci tanta e continua dimostra/ di quanta gioia noi le abbiam portato/ sogni, sollazzo e riso scompisciato.

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